GIUSTIZIA: EX-MINISTRO

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INES TABUSSO
00mercoledì 28 giugno 2006 00:33


IL TEMPO
27 giugno 2006
PM STREGATI DAL GRANDE ORECCHIO
di ALFREDO BIONDI

IN ITALIA non si fanno quasi più indagini ma solo intercettazioni telefoniche. Taluni magistrati, sempre più spesso, non esaminano in modo approfondito il fondamento della richiesta di intercettazione, e così viene leso il diritto alla privacy, tutelato rigorosamente dalla nostra legislazione. Spesso inoltre vengono estrapolate piccole frasi da contesti molto più ampi, che riportare singolarmente possono far nascere equivoci e dubbi. La magistratura inquirente dovrebbe verificare più attentamente i presupposti relativi alle intercettazioni, e consentirle solo in caso di motivazioni approfondite e per reati gravi. Negli ultimi anni l'Italia è balzata al vertice della classifica europea per quanto riguarda le operazioni di spionaggio condotte sulle reti telefoniche, sui cellulari e sulla corrispondenza elettronica via Internet. Coinvolta nell'inasprimento generalizzato della lotta al terrorismo, la Vecchia Europa starebbe covando un Grande Fratello sempre più espansivo ed invasivo. Dopo l'approvazione delle nuove norme sulla conservazione dei dati, i paesi membri dell'Unione Europea hanno aumentato in numero esponenziale le operazioni d'intercettazione. In Italia l'uso di cimici e microfoni nascosti è ormai una tradizione consolidata. Il numero delle intercettazioni è triplicato nel giro di cinque anni. Complice la lotta al terrorismo, ma soprattutto la transizione dei sistemi di comunicazione verso le nuove piattaforme telematiche digitali. Ma oramai si intercetta tutto. Dopo le vicende di «calciopoli» ora è la volta di «principoli» e il «grande fratello» dissipa il patrimonio della giustizia. Le spese immani per le intercettazioni telefoniche ed ambientali, il dispendio di mezzi e l'intrusione violatrice dell'articolo 15 della Costituzione che garantisce la segretezza della vita privata, hanno trovato nel codice di procedura penale il rigore di norme che, dispiace dirlo, sono sistematicamente eluse con questo o quel marchingegno più o meno giuridico con la contestazione quasi obbligatoria del reato associativo (articolo 416 codice penale) che sostituisce quello ordinario del concorso di persone nel reato (articolo 110 codice penale). Tutto questo ha trasformato e umiliato la vita di molti cittadini, specie di quelli che possono essere collegati, magari per caso, per parentela o anche per semplice amicizia o conoscenza, in conversazioni compromettenti con soggetti di cui ignorano intenzioni, azioni e responsabilità. Tutto questo è assurdo perché in una democrazia libera, una giustizia, che ha fatto di un mezzo eccezionale d'indagine, il sostituto della prova, costituisce una ferita all'ordinamento nazionale ed a quello europeo. Ferita che richiede misure che garantiscano i diritti dell'uomo, come ha sentenziato la Corte Europea dei diritti dell'uomo. Stupisce che, mentre si applicano il mandato di cattura europeo e le misure, atte a prevenire la grande illegalità, molte Procure origlino le conversazioni dei cittadini, anche quelle di chi è estraneo alla realtà processuale, nella quale lo strumento di intercettazione, più o meno opportunamente, si colloca. Non sarebbe male se i capi degli uffici delle procure della Repubblica si avvalessero delle loro funzioni e delle loro facoltà senza aspettare che l'onda di piena travolga il cittadino che poi è il destinatario attivo e passivo delle norme di legge e non la loro vittima.


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