DAGLI APPENNINI ALLE BANDE

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GIANBARDAMU
00mercoledì 27 ottobre 2004 19:48
DAGLI APPENNINI ALLE BANDE (GIANFRANCO MANFREDI)

Lui cercava per il mondo la famiglia / e di notte lavorava alla candela /
difendeva sempre il nome dell'Italia / e la nonna dai briganti proteggeva /
e saliva sopra gli alberi più alti / per pigliare al volo i colpi dei nemici /
ragazzini come lui ce n'eran molti / scalzi e laceri eppure eran felici.

E parlavano di lui, scrivevano di lui / lo facevano più bamba che bambino / e parlavano di lui, scrivevano di lui / si ma lui rimane sempre clandestino.

Ora pare che il suo nome sia teppista / fricchettone criminal - provocatore / pare che ami travestirsi da sinistra / ma sia un docile strumento del terrore /
e lo beccano ogni tanto che si buca / o maneggia un pò nervoso una pistola / o che lancia da una moto sempre in fuga / una molotov sull'uscio della scuola.

Ora parlano di lui e scrivono di lui / lo psicologo, il sociologo, il cretino / e parlano di lui, e scrivono di lui / si ma lui rimane sempre clandestino.

E si dice: se ci fosse più lavoro / se il quartiere somigliasse meno a un lagher / non farebbe certo il cercatore d'oro / assalendo il fattorino delle paghe / ma è la merce che c'è entrata nei polmoni / e ci dà il suo ritmo di respirazione / il lavoro non ci rende mica buoni / ci fa cose che poi chiamano "persone".

E se parlano di lui, se scrivono di lui /è che il nostro sogno è ancora piccolino / se parlano di lui e scrivono di lui / è che il nostro io ci resta clandestino.
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